A diffondere il cristianesimo anche in quelle aree furono principalmente i monaci, cristiani che preferivano intraprendere una fuga mundi attraverso la completa solitudine oppure dando vita a una comunità che prendeva a modello Gesù e i suoi discepoli. Sulla base di alcune epistole firmate da papa Gregorio Magno (Roma 540 ca. – ivi, 604), il territorio che comprendeva Pesaro, Ancona, Fermo e Ascoli Piceno accoglieva un numero piuttosto elevato di monasteri, destinato ad aumentare intorno al VII secolo, quando effettivamente cominciò ad affermarsi l’Ordine dei Benedettini. I monaci, in un arco di tempo compreso fra il VI e VII secolo, presero a distribuire le loro abazie lungo le due reti stradali più importanti della zona, la Flaminia a nord e la Salaria a sud, mentre decisero di stanziarsi in prossimità della fascia costiera soltanto in un secondo momento. Coloro che facevano parte di quell’ordine monastico osservavano la regola che San Benedetto (Norcia, 480 ca. – Montecassino, 549) stese nel 540 e suggeriva il cenobitismo, una vita comunitaria che aveva per fondamento il lavoro, la preghiera e la lectio divina.
La vita dei monaci benedettini aveva luogo all’interno dell’abbazia, da quale ricopriva un territorio che godeva di un’autonomia politica, economica e spirituale, subordinata solo alla Santa Sede ed eccezionalmente all’Impero. Molte abbazie benedettine del Fermano sono andate perdute nel tempo, prede delle inesorabili vicende umane. In alcuni casi sono rimasti soltanto dei ruderi che accennano all’antico splendore di quelle aggregazioni monastiche e gli esempi più spettacolari si trovano lungo i diverticoli della via Salaria.
Tante altre abbazie, invece, sono sopravvissute per raccontare come nel passato non fossero solo importanti nuclei religiosi, ma anche centri di trasmissione culturale in cui copiare e decorare manoscritti, nonché commissionare opere di considerevole rilievo artistico. Gli stessi monasteri sono testimonianza del progressivo mutamento dei gusti architettonici sotto l’influsso del tempo e dell’uomo. Da corolle chiuse e quasi impenetrabili, le abbazie si trasformarono lentamente in fiori aperti alla vita e alla cultura sociale e talvolta i segni di tale mutamento sono riscontrabili, nonostante le strutture originali siano state spesso trasformate in chiese parrocchiali.
Con l’avvento del XIII secolo, la Chiesa si trovava in uno stato di disordine e corruzione tale che, solo tornando alle origini e all’ideali di povertà predicato da Gesù, era possibile guarire. A intuirlo fu San Francesco (Assisi, 1181 –ivi,1226) che da vero “giullare di Dio” riuscì a trasmettere alla gente quei valori ormai offuscati dal potere e dalla corruzione. Con lui comparve la figura del frate che era completamente diversa da quella del monaco, il quale ormai sembrava rivestire un laico incarico d’ufficio. L’ordine dei mendicanti fu istituito solo dopo insistenti pressioni da parte della Chiesa.
San Francesco infatti non desiderava fondare un nuovo ordine, così come non voleva erigere conventi.
Secondo varie testimonianze “il poverello di Assisi” invitò piuttosto i membri della confraternita dei penitenti a vivere in umili ricoveri di terra e paglia, li esortò a procurarsi cibo con il lavoro e a predicare la Parola di Dio fra la gente, in chiesette abbandonate o date provvisoriamente dalle autorità ecclesiastiche del posto. Soltanto dopo la sua morte iniziò quell’interminabile fioritura di conventi riservati ai frati minori e alle clarisse. La Custodia di Fermo fu particolarmente rilevante per il diffondersi degli edifici sacri lungo la terra che aveva ispirato i “Fioretti di San Francesco” e da Fermo passa per Magliano di Tenna, Massa Fermana, Falerone, Montegiorgio fino ad arrivare a Penna San Giovanni.
Varie congregazioni eremitiche che seguivano la regola di Sant’Agostino si riunirono nel marzo del 1256 per volontà di papa Alessandro IV presso la Chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma con lo scopo di unificare le varie comunità sotto un’unica famiglia religiosa.
A confermare la nascita dell’Ordine di Sant’Agostino fu la bolla Licet Ecclesiae Catholicae promulgata il 9 aprile 1256. I frati membri prendevano d’esempio il santo vescovo d’Ippona che aveva riservato sempre un notevole interesse nei confronti del sapere e della cultura. Cosicché fin dalla prima stesura delle Costituzione dell’Ordine (1290) lo studio venne identificato come mezzo indispensabile per diffondere la conoscenza del Vangelo e raggiungere cosi la salvezza della propria anima. Difatti, insieme ai vari che vennero edificati nella Provincia Agostiniana Picena fra il XIV e XV secolo, numerose furono le scuole teologiche agostiniane e altrettanto cospicue le opere pittoriche e architettoniche commissionate dai membri dell’Ordine. Una consistente parte di quella folta produzione artistica è andata perduta nel tempo, ma sono tutt’ora visitabili conventi e chiese monumentali fondare dagli agostiniani lungo quel territorio che da Amandola passa per Fermo, Montegiorgio fino a Sant’Elpidio a Mare.